Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento
La legge 8 ottobre n. 170/10 riconosce la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia quali disturbi specifici di apprendimento, denominati “DSA”.
Il diritto allo studio degli alunni con DSA è garantito mediante molteplici iniziative promosse dal MIUR e attraverso la realizzazione di percorsi individualizzati nell’ambito scolastico.
DISLESSIA
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Questo è un breve testo, proposto così come viene visto da un dislessico… Ma chi è un bambino dislessico?
La dislessia evolutiva è un disturbo specifico che riguarda la capacità di leggere in modo corretto e fluente.
Si caratterizza come una mancata o parziale automatizzazione dell’uso dei codici della lettura; come una difficoltà a decodificare i testi scritti, che diventa un’operazione molto più complessa rispetto ai non dislessici e porta ad una maggior facilità di errore, ad un maggior affaticamento e ad una maggior lentezza. Questo disturbo specifico si evidenzia nonostante un’istruzione ‘normale’, un’intelligenza adeguata, un’integrità neuro-
Come si manifesta
La persona con disturbo di dislessia evolutiva può leggere e scrivere, ma riesce a farlo solo impegnando molte delle sue risorse attentive e delle sue energie mentali, poiché non può farlo in maniera completamente automatica come gli altri soggetti; di conseguenza si stanca molto, commette errori, rimane indietro rispetto ai propri compagni, ha poche energie attentive da spendere per la comprensione.
È come se i bambini dislessici vedessero sempre le parole per la prima volta e pertanto siano costretti a procedere tramite una lettura lettera per lettera, senza automatizzare il riconoscimento visivo. Questo causa un gran dispendio di energie attentive e porta il ragazzo a una lettura corretta per le prime righe del testo scritto e a commettere molti errori nel prosieguo, perché le sue risorse attentive si esauriscono o diventano più labili.
La difficoltà di lettura può essere più o meno grave e spesso si accompagna a problemi nella scrittura, nel calcolo e talvolta anche in altre attività mentali (memoria, percezione, linguaggio,…).
Tuttavia questi studenti sono generalmente intelligenti, vivaci e creativi.
Le difficoltà scolastiche compaiono nei primi anni di scuola primaria e persistono negli anni seguenti. Errori caratteristici della lettura e della scrittura sono:
” L’inversione di lettere e numeri (legge “al” invece di “la” e “51” al posto di “15”);
” La sostituzione di suoni vicini come m/n (“mano” al posto di “nano”), f/v (“foce” al posto di “voce”), t/d (“tue” al posto di “due”), s/z (“Sara” al posto di “Zara”), c/g (“care” al posto di “gare”), c/g (“ciro” al posto di “giro”), p/b (“palla” al posto di “balla”),…;
” La sostituzione di suoni scritti in modo simile come m/n dove la differenza è solo una gambetta (“muovo” al posto di “nuovo”); n/u dove la lettera è ribaltata (“nova” al posto di “uova”); p/q/d/b (“quove” al posto di “dove”; “paro” invece di “baro”; “dalla” al posto di “palla”;…);
” Difficoltà, a volte, di imparare informazioni in sequenza come le tabelline, i giorni della settimana, i mesi dell’anno, le stagioni, le lettere dell’alfabeto,…;
” Difficoltà, a volte, nei rapporti spaziali e temporali (lateralizzazione destra-
” Difficoltà, a volte, ad esprimere verbalmente ciò che pensa in modo chiaro e corretto;
” Difficoltà, a volte, di coordinazione oculo-
” Difficoltà, a volte, nel calcolo e nell’utilizzare la linea dei numeri;
” Difficoltà, a volte, di attenzione e concentrazione;
” Difficoltà di comprensione del testo scritto, essendo molte energie attentive impegnate nella decodifica del messaggio scritto.
” I compiti scritti vengono vissuti dallo studente dislessico come fonte di ansia, dovuta ad un rapporto molto modesto tra grandezza dello sforzo cognitivo con un notevole dispendio di tempo e risultati scarsi o modesti.
Spesso lo studente appare disorganizzato nelle sue attività sia a casa che a scuola. Presenta difficoltà a copiare dalla lavagna e a prendere appunti di quanto detto oralmente, riuscendo poco a svolgere più azioni contemporaneamente come l’ascoltare e lo scrivere (o fa una cosa o l’altra).
Quali sono la cause della dislessia
È un disturbo specifico di origine costituzionale, cioè fa parte del corredo genetico del bambino, trasmissibile per via ereditaria, come il colore degli occhi, i lineamenti del viso, la tendenza all’obesità, alla longilineità, alla timidezza o all’aggressività.
Secondo Coltheart (1999) le cause della dislessia sono per il 60% organiche e per il 40% di tipo educativo, da ricondurre in gran parte al fatto che gli studenti sono colpevolizzati anziché aiutati.
Le cause organiche purtroppo non sono ancora completamente note e diverse sono le ipotesi che sono state avanzate:
” una prima teoria, probabilmente la più nota, è quella della “disconnessione funzionale” (o connessione disturbata) fra i centri cerebrali deputati alla decodifica della lettura (Geschwind, 1965; Marshall, 1983); tra le varie articolazione di questa teoria, quella fonologica (deficit del processamento fonologico) sembra essere quella più accreditata da un punto di vista delle attuali evidenze scientifiche (Frith, 2002); essa descrive la dislessia come una difficoltà dei ragazzi dislessici a manipolare i suoni rispetto ai non dislessici (ad esempio di effettuare la compitazione, lo spelling delle parole) e nel passare dal codice visivo a quello uditivo e viceversa;
” una seconda teoria è quella che parla della difficoltà di inibire gli stimoli visivi e orientare l’attenzione in modo selettivo da sinistra a destra: il ragazzo dislessico avrebbe un campo visivo attentivo troppo ampio e quindi gli stimoli periferici andrebbero ad interferire con la discriminazione visiva creando un problema di affollamento di stimoli (crowding). Sembra che i lettori dislessici percepiscano in modo meno chiaro rispetto agli altri lettori gli stimoli che si allontanano leggermente dalla fovea, viceversa percepiscano troppo distintamente gli stimoli alla periferia del campo visivo, che creerebbero in questo modo un affollamento di stimoli, rendendo confusa la discriminazione visiva (Geiger e Lettvin, 1999). Il bambino dislessico discriminerebbe peggio di un buon lettore, perché non sarebbe in grado di inibire gli stimoli periferici (disturbi magnocellulari, Cestnick e Coltheart, 1999);
” una terza teoria ipotizza una mielinizzazione (ricopertura delle cellule nervose) incompleta che non permette un’attenzione focalizzata verso gli stimoli visivi e una conseguente difficoltà di discriminazione e decodifica degli stimoli visivi che stanno alla base della lettura (Bakker, 1998).
Qual è l’incidenza della dislessia evolutiva nella popolazione scolastica italiana?
Tale disturbo interessa probabilmente il 3-
Come si diagnostica
La diagnosi può essere fatta a partire dalla seconda classe elementare.
L’A.I.D. (Associazione Italiana Dislessia) ha messo a punto un protocollo diagnostico di base per la valutazione dei disturbi di apprendimento della lettura, scrittura e calcolo che può essere utilizzato dallo specialista attraverso specifici test. Il protocollo prevede:
Valutazione della presenza-
Valutazione della presenza-
Colloquio psicodiagnostico per la valutazione dell’equilibrio emotivo del bambino;
Valutazione neuropsicologica con prove standardizzate che riguardino:
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Il protocollo di base va integrato con:
” Valutazione, nelle prime classi elementari, delle competenze linguistiche e metafonologiche;
” Valutazione della comprensione del testo;
” Valutazione neuropsicologica della memoria e delle competenze prassiche.
Perché gli studenti dislessici appaiono sbadati o svogliati
La dislessia, in una società come la nostra, fortemente permeata dalla presenza della scrittura e della lettura, incide pesantemente sulla vita scolastica e relazionale dello studente. Il ragazzo dislessico, consapevole delle proprie difficoltà di lettura, tende ad evitare le situazioni che richiedono una decodifica del testo scritto; questo comprensibile atteggiamento di evitamento della lettura viene spesso attribuito a svogliatezza e a scarso impegno e gli errori spesso sono definiti come “distrazione”, “sbadataggine”, “poca voglia di impegnarsi”.
Perché lo studente dislessico ha una bassa autostima
Questa difficoltà a decodificare il testo scritto porta lo studente ad avere frequenti insuccessi a scuola (a scuola i saperi si veicolano in gran parte attraverso i libri di testo; inoltre anche altre modalità di accesso alle informazioni, quali ad esempio internet, richiedono la lettura di testi scritti). Questo susseguirsi di risultati negativi è psicologicamente devastante: lo studente si percepisce inadeguato ad affrontare il mondo, si sente non bravo come gli altri, più svogliato, più rinunciatario, in ultima analisi si percepisce inferiore ai compagni. Questa situazione lo porta a sentirsi colpevole, poco amato dagli altri, a volte compatito perché “poveretto non ce la fa”, “se non è capace non è colpa sua”, “è nato così”, “è un po’ handicappato”, “non ha voglia di fare niente”, “chissà cosa diventerà da grande”,… Anche queste aspettative negative nei suoi confronti minano la sua autostima e la sua visione del mondo e causano ansia da prestazione, atteggiamenti rinunciatari e perdita di fiducia in se stesso.
Come si può aiutare lo studente dislessico
” Occorre un’alleanza stretta tra genitori, insegnanti ed esperti del settore. Lo studente va aiutato a prendere consapevolezza delle sue difficoltà e del suo diverso funzionamento intellettivo: essere una persona diversamente abile non vuol dire essere inferiori agli altri. Occorre conoscere e accettare queste differenze per trovare strategie alternative nell’affrontare i vari compiti scolastici.
Alcune direttrici di questi aiuti potrebbero essere (Parziani, Consolaro, Bombardelli, 2002):
” Credere nell’alunno, nel suo successo formativo, capirlo e sostenerlo nei suoi sforzi, gratificarlo rompendo il circolo vizioso della caduta dell’autostima e offrendogli sfide cognitive in grado di vincere;
” Ridurre il suo disagio concedendogli tempi più lunghi per svolgere i compiti, elaborare le domande e le relative riposte;
” Utilizzare strumenti informatici dotati di videoscrittura con correttore ortografico e sintesi vocale;
” Utilizzare strumenti informatici come dei CD Rom interattivi per migliorare le capacità lessiche e ridurre il danno causato dal disturbo specifico (ad esempio: “Lettura di base 1” e “Lettura di base 2″ di Andrich e Miato, Erickson, Trento, 2002);
” Utilizzare la calcolatrice.
” Generalmente i ragazzi dislessici migliorano notevolmente nell’accuratezza della lettura (leggere senza fare errori) e poco nella velocità, che resta sempre inferiore rispetto a quella dei ragazzi di pari età.
DISGRAFIA
La disgrafia è un disturbo dell’apprendimento per cui non si riesce a scrivere in maniera corretta ed intellegibile.
Normalmente la patologia viene evidenziata nel bambino dopo i primi anni di scuola elementare perché inizialmente si confonde lo sforzo ed il disordine nella scrittura con la fatica dell’apprendimento.
La disgrafia o è dovuta a deficit di coordinazione motoria che rende difficoltosi movimenti tesi ad un determinato fine. Oppure ad una “lateralizzazione incompleta”. La lateralizzazione è quel processo che è alla base della coordinazione mano-
Ciò premesso procediamo con l’elencare e esaminare i sintomi che consentono di individuare la patologia. Chiariamo esplicitamente, però, che quello che segue non vuole e non può essere una sorta di manuale per diagnosticare la patologia. Diagnosi che deve essere fatta da un esperto psicologo dopo attenta analisi della anamnesi scolare e familiare del bambino.
DISORTOGRAFIA
La disortografia è un disturbo specifico della scrittura che non rispetta regole di trasformazione del linguaggio parlato in linguaggio scritto non imputabile alla mancanza di esperienza o a deficitmotori o sensoriali. Alla disortografia si affianca spesso la disgrafia che è un disturbo del ritmo neuromotorio della scrittura (nulla a che fare con la calligrafia) non sempre dipendente da altri disturbi specifici dell’apprendimento. I sintomi della disortografia possono essere omissioni di grafemi o parti di parola (es. pote per ponte o camica per camicia), sostituzioni di grafemi (es. vaccia per faccia; parde per parte), inversioni di grafemi
(es. il per li; spicologia per psicologia).
La disortografia è la difficoltà a tradurre correttamente i suoni che compongono le parole in simboli grafici; essa si presenta con errori sistematici che possono essere così distinti:
confusione tra fonemi simili:
Il soggetto confonde cioè i suoni alfabetici che si assomigliano, ad esempio F e V; T e D; B e P; L e R, ecc.
Confusione tra grafemi simili: In questo caso il soggetto ha difficoltà a riconoscere i segni alfabetici che presentano somiglianza nella forma, ad esempio: b e p;
Omissioni
E’ frequente che il soggetto tralasci alcune parti della parola, ad esempio la doppia consonante(palla-
Inversioni
Questo tipo di errore riguarda le inversioni nella sequenza dei suoni all’interno della parole, ad esempio: sefamoro anziché semaforo.
La disortografia può derivare da una difficoltà di linguaggio, da scarse capacità di percezione visiva e uditiva, da un’organizzazione spazio-
Abilità di base particolarmente compromesse:
Difficoltà di linguaggio
Scarse capacità di percezione e discriminazione visiva e uditiva
Organizzazione e integrazione spazio-
Processo lento nella simbolizzazione grafica.
Dominanza laterale non adeguatamente acquisita
Gli errori più frequenti che il bambino disortografico compie nella lettura e nella scrittura sono:
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DISCALCULIA
La discalculia è un DISTURBO SPECIFICO del calcolo che compare in età evolutiva.
La caratteristica di questo disturbo è una capacità del calcolo che è al di sotto di quanto previsto in base all’età cronologica del bambino e a un’istruzione adeguata; non è imputabile a una lesione organica o ad un apprendimento insufficiente per motivi psicologici, pedagogici o sociali.
Nei bambini con rilevanti disturbi di calcolo sono presenti deficit nel concetto di numero, nelle abilità logico-
Generalmente, il bambino discalculico o con difficoltà di calcolo, così come il bambino dislessico, ha un’intelligenza nella norma; le abilità cognitive come la memoria, la percezione, l’attenzione, la concentrazione, ecc. sono adeguate. Ciò che lo caratterizza è una bassa autostima. Le reazioni emotive del bambino quando sbaglia sono reazioni naturali agli errori: egli si sente incapace, umiliato, frustrato e demotivato in maniera più o meno intensa a seconda che si trovi a scuola, in famiglia, fra gli amici.